fede

Un santo per gli studenti 

Antonio Tarallo
Pubblicato il 22-06-2023

Il francescano San Giuseppe da Copertino

Il francescano San Giuseppe da Copertino, un santo per gli studenti di Antonio Tarallo “Pronti, partenza…e via”! Tutti ai propri posti: un banco di scuola; i compagni; e i professori, lì nelle afose aule, tutti attenti affinché nessuno possa usare il cellulare. Una volta si copiava, ora si consulta l’oracolo di Google o di qualche sito per la scuola. Gli esami di maturità: arriva l’estate - ieri ufficialmente è inziata - e con il sole caldo estivo, arrivano anche gli intramontabili esami. Una canzone, ormai da anni, sembra essere la giusta colonna sonora di questo momento: “Notte prima degli esami”, così canta Antonello Venditti e così cantano gli studenti. Palpitazione di cuore, sudorazione al massimo, e apprensione dei genitori: un miscuglio di sentimenti in queste prime prove della vita. Tante altre ce ne saranno da superare in avanti: gli esami di università; il primo colloquio di lavoro; i concorsi pubblici; e poi, gli esami della vita di tutti i giorni.

“Non ho ripassato l’ultimo capitolo! Come farò?” e anche “Le prime pagine dell’introduzione le ho saltate”. Ma c’è spazio anche a frasi come “Non sono riuscito a ripassare i verbi della terza declinazione. Speriamo bene!”. Il linguaggio degli studenti è sempre variopinto. Un filo rosso lega però tutti gli stati d’animo: il non sentirsi mai del tutto preparati. Si ha sempre timore che qualcosa sfugga alla memoria. Molte volte possono essere esagerazioni - o meglio esasperazioni - di un proprio stato d’animo; altre volte, invece, risulta proprio così: se ci fosse stato più tempo per ripassare sicuramente ci si sentirebbe più sicuri. Eppure bisogna andare a scuola e cercare di fare il meglio possibile. Chissà quanti studenti, oggi e in questi giorni di esami, avranno in mente la stessa frase: “Speriamo che vada bene!”. E, allora, a quale santo votarsi? Quale santo pregare per gli esami? La risposta non ha bisogno di grande preparazione. E’ San Giuseppe da Copertino, il frate santo degli studenti, ossia Giuseppe Maria Dessa, questo l’originario nome del santo.

A quasi diciassette anni lascia la madre Franceschina (rimasta vedova di suo marito Felice) per entrare nel convento dei Frati Francescani Conventuali, detto della “Grottella”. Ci troviamo a Copertino. Ma, dopo un periodo di prova, al nostro giovane frate non va per niente bene: viene scacciato da tale istituzione. Passa, allora, ai Francescani Riformati. Ma anche questa volta, Giuseppe viene rifiutato. Terzo passaggio: tenta con i Cappuccini di Martina Franca. Resta con loro otto mesi, ma - anche questa volta - il povero Giuseppe viene poi rimandato ai genitori. Solo grazie all’interessamento dello zio materno, Giovanni Donato Caputo, riuscì a essere nuoavamente introdotto nel convento dei Frati Conventuali della “Grottella”. Qui diviene oblato, poi terziario e finalmente fratello laico. Aveva ventidue anni. Ma il desiderio di Giuseppe rimaneva quello di diventare sacerdote e così comincia il cammino per il diaconato, pur sapendo poco leggere, nè tantomeno scrivere. Praticamente - come si direbbe ai giorni d’oggi - una “frana”.

Eppure avviene qualcosa di inimmaginabile: è il momento dell’esame per diaconato. Giuseppe aveva timore che per l'ennesima volta i suoi sforzi potessero rimanere vani. A mala pena riusciva a spiegare qualche brano, e se ci riusciva lo faceva con molta fatica. Il vescovo esaminatore aprendo a caso il libro domandò il commento delle frase: “Benedetto il grembo che ti ha portato”( Luca, 11, 27). Meraviglia: quello di Luca era proprio l’unico brano che il giovane frate era riuscito a studiare bene durante l’anno di preparazione al diaconato.Trascorrono i tre anni di preparazione al sacerdozio, bisogna superare l’ultimo e più difficile esame. Altro prodigioso episodio: i postulanti conoscevano bene il programma. Mentre Giuseppe era ignaro del tutto. Il Vescovo ascolterà solo i primi, che superano brillantemente l’esame. Non volle ascoltare più nessuno, convinto che anche gli altri fossero altrettanto preparati. E così, ammise tutti, compreso Giuseppe. Era il 4 marzo 1628. Da questo episodio nasce la tradizione degli studenti di pregare San Giuseppe per i propri esami. Il più delle volte preghiere esaudite: “Vox populi”, “vox Dei”.

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